lunedì, gennaio 28, 2008

TUTTI MORIMMO A STENTO - Introduzione al disco

(E' un tantino lunga come introduzione ma ho fatto del mio meglio...)

Mi sono chiesto da dove convenisse partire per parlare bene e seriamente del cantautore genovese (non che i suoi testi non parlino da soli!!!). C'è da dire che l'opera artistico-musicale del FABER è inequivocabilmente legata alla sua di opera storica, la sua biografia, a tutti gli episodi che nella vita l'hanno “incernierato” ai personaggi che vivono nelle sue canzoni, nelle sue ballate, nei vicoli della sua musica.. vicoli tanto reali quanto strani e a volte grotteschi. Non si può quindi raccontare (a mio parere) biograficamente la vita di de Andrè senza citarne le sue canzoni, senza dar voce ai suoi 45 giri, senza sfociare nella poesia delle sue composizioni. E' per questo che TUTTI MORIMMO A STENTO rappresenta un perfetto spunto di riflessione per iniziare a parlare di "uno dei più grandi poeti del novecento" (parole della FernandaPivano mica di uno qualsiasi!!!)


Il preambolo inevitabile su questo disco riguarda l'impressione che potrebbe dare ad un primo ascolto: un album vecchiotto diciamocelo (siamo ancora nel '68) ricco di sfumature barocche e arrangiamenti troppo antiquati per essere apprezzati dagli amanti delle “schitarrate” alla vasco. Eppure ad ascoltarlo bene TUTTI MORIMMO A STENTO è la prova tangibile di come si possa toccare la profondità di alcuni aspetti dell'animo umano, da un lato senza scadere nelle canzonette trite e ritrite, dall'altro utilizzando musichette semplici semplici come un girotondo...
FABER ha 28 anni (e non sono pochi per un cantautore) e dopo aver pubblicato un primo album (VOLUME I... qualcuno penserà che fantasia!!!!) e molti singoli uno più bello dell'altro (ci sarà uno spazio anche per loro), dopo aver passato qualche mese con il poeta anarchico Riccardo Mannerini (a scrivere canzoni???? penso proprio di no... direi piuttosto a bere, fumare ed andare a puttane... gusto per la cronaca Mannerini si suiciderà poi nel '80) tira fuori dal cappello questo disco capolavoro, in cui si nota già una maturità stilistica e ideologica al di fuori del comune, presentando una caratteristica strutturale che dominerà tutti gli album a seguire del cantautore... esso è infatti un “concept-album”... (anche se per questo album si dovrebbe ancora parlare di cantata... infatti “è impossibile parlare di alcuni argomenti importanti come l'amore, la morte o la guerra nello spazio che ti riserva una sola canzone” (FDA)) Quindi tutte le canzoni al suo interno sono accomunate da una stessa tematica e vanno a formare un percorso che definirei filosofico atto ad individuare un preciso pensiero del cantautore su quella tematica. Nel caso di TUTTI MORIMMO A STENTO la tematica cardine è ovviamente la morte.


“ Parla della morte... Non della morte cicca, ma di quella psicologica, morale, mentale, che un uomo normale può incontrare durante la sua vita. Direi che una persona comune, ciascuno di noi forse, mentre vive si imbatte diverse volte in questo genere, in questo tipo di morte, in questi vari tipi, anzi, di morte. Così, quando tu perdi un lavoro, quando perdi un amico, muori un po'; tant'è vero che devi un po' rinascere, dopo.”



Il sottotitolo dell'album è “Cantata in si minore per solo, coro e orchestra” La sua struttura è infatti molto particolare, tra le varie ballate si trovano degli intermezzi e dei corali come se parlassimo di un opera lirica o di una tragedia greca. Ed in ogni ballata troviamo quella tematica della morte anticipata dal FABER.
La morte dell'anima nel Cantico dei Drogati (“Ho licenziato Dio / gettato via un'amore / per costruirmi il vuoto / nell'anima e nel cuore / ).
La morte della fanciullezza nella Leggenda di Natale (“E venne l'inverno che uccide il colore / e un babbo Natale che parlava d'amore / e d'oro e d'argento splendevano i doni / ma gli occhi eran freddi e non erano buoni")
La morte dell'amore in Inverno ("Ma tu che stai, perché rimani? / Un altro inverno tornerà domani / cadrà altra neve a consolare i campi / cadrà altra neve sui camposanti".)
La morte dei condannati a morte nella Ballata degli impiccati ("Tutti morimmo a stento / ingoiando l'ultima voce / tirando calci al vento / vedemmo sfumare la luce".)


Ho riletto tante volte i testi di queste canzoni, ne esce uno spaccato triste sicuramente ma nello stesso tempo profondo ed intenso. Se un giorno vi sentite tristi ascoltate attentamente questo album (così saprete che c'è chi sta peggio???... no), vi butterà ancor di più a terra ma vi costringerà poi a rinascere imparando dagli altri (“Tu che m'ascolti insegnami / un alfabeto che sia / differente da quello / della mia vigliaccheria”), sperandoci sempre (“Ma tu che vai, ma tu rimani / vedrai la neve se ne andrà domani / rifioriranno le gioie passate / col vento caldo di un'altra estate” ; “Coltiviamo per tutti un rancore / che ha l'odore del sangue rappreso / ciò che allora chiamammo dolore /è soltanto un discorso sospeso”) cercando in voi stessi, e solo in voi stessi quello di cui avete bisogno (“Non cercare la felicità / in tutti quelli a cui tu / hai donato / per avere un compenso / ma solo in te / nel tuo cuore / se tu avrai donato / solo per pietà / per pietà / per pietà...")

A breve analisi di qualcuno di questi brani....

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Diego,
conoscevo alcune canzoni,ma non i risvolti biografici.Ed è sorprendente quanti significati possano essere nascosti, davvero come un tesoro inaspettato, in un album che parla della morte in molte delle sue declinazioni.
Bravissimo.
Un bacione,
V.

DIEGO ha detto...

e siamo solo all'inizio...